ANAFE CONFINDUSTRIA: IL GRIDO DI AIUTO DEL SETTORE

I lavoratori e le imprese del settore delle sigarette elettroniche sono ad un bivio. Quello che era un fiore all’occhiello dell’industria italiana, un ambito capace di generare occupazione, reddito, ma che rappresenta, soprattutto, una valida alternativa per la riduzione del rischio determinato dal fumo di tabacco tradizionale, si trova a vivere forse il suo momento più difficile. Abbiamo appreso con profonda preoccupazione la decisione di dichiarare inammissibile un emendamento al Dl Dignità che intendeva mettere mano alla tassazione e ad alcuni aspetti regolatori che, di fatto, stanno determinando il collasso del nostro settore, gettando nel panico e nella disperazione circa 30.000 famiglie.

Se l’obiettivo dichiarato del provvedimento è mettere a punto “norme urgenti per dignità di lavoratori e imprese”, è davvero incomprensibile come le proposte riguardanti il settore del fumo elettronico siano state dichiarate non conformi alla materia del provvedimento. Superare una tassazione irragionevolmente elevata ad un settore che dà lavoro a più di 20.000 persone tra occupati diretti e indiretti, senza considerare le 2.000 attività commerciali per la vendita, non vuol dire tutelare e difendere la dignità di imprese e lavoratori? Rendere più vantaggiose le sigarette elettroniche, che la scienza ha riconosciuto essere del 95% meno dannose delle sigarette tradizionali, non è una battaglia di dignità, a tutela della salute dei cittadini?

In Italia coloro che utilizzano le sigarette elettroniche sono circa 1,5 milioni. Eppure, il nostro è l’unico tra i grandi Paesi europei a prevedere una tassa sui liquidi da inalazione, una vera e propria tassa sul vapore che determina un unico risultato: rendere più vantaggiose le sigarette tradizionali, con tutto ciò che ne consegue in termini di rischi per la salute e costi per il servizio sanitario nazionale. Difendere il settore delle sigarette elettroniche significa tutelare la salute dei cittadini, salvaguardare posti di lavoro e imprese sane che, oltre all’eccessiva tassazione, hanno dovuto fare i conti, in passato, con un vero e proprio labirinto giurisprudenziale che non ha dato la possibilità di determinare con certezza l’imposta di consumo dovuta.

Dal 2015 al 2017, negli anni tra la prima e la seconda sentenza della Corte Costituzionale in merito al meccanismo di tassazione dei liquidi da inalazione, l’industria nazionale della sigaretta elettronica, ha versato un’imposta di consumo parametrata al contenuto di nicotina presente nei liquidi e non alla quantità totale di liquido. E lo ha fatto seguendo il principio inizialmente espresso proprio dalla stessa Consulta, traslando sul consumatore finale solo tali minori importi. In seguito, solo dopo la seconda pronuncia della Consulta – che ha stabilimento un principio del tutto differente e contrastante rispetto a quello fissato nel 2015 – le aziende si sono ritrovate nell’evidente ed oggettiva situazione di non poter pagare importi che, di fatto, le imprese non hanno mai incassato.

Sono questi i motivi che ci spingono, ora più che mai, a lanciare un ultimo e disperato grido di aiuto alle forza politiche e al Governo per salvare i posti di lavoro e le imprese del nostro settore ed evitare che al danno si aggiunga anche una duplice beffa: consegnare definitivamente il comparto all’illegalità più totale ed esporre i consumatori alla commercializzazione abusiva di prodotti estremamente pericolosi per la salute come la vendita di nicotina disciolta in acqua, un prodotto “fai da te” con concentrazioni di nicotina potenzialmente mortali.

Umberto Roccatti
Presidente ANAFE CONFINDUSTRIA